Salvatore Manfellotto, fin da bambino, ha trovato nella fotografia un modo per esplorare il mondo che lo circonda. La sua prima macchina fotografica, una Zenit 122 ereditata da suo padre nel 2002, è stata la porta d'ingresso in un universo di infinite possibilità. Con l'obiettivo puntato, ha catturato frammenti di realtà, ritratti di amici e familiari, paesaggi che lo hanno incantato. L'analogico, con i suoi tempi lunghi e i suoi rituali, gli ha insegnato la pazienza e l'importanza di ogni scatto.
Negli anni successivi, con l'avvento del digitale, ha ampliato i suoi orizzonti, sperimentando nuovi generi e approcci.
Dal 2011 al 2018, ha intrapreso un'attività fotografica molto simile a quella di un fotoreporter, collezionando qualsiasi dettaglio, prima con lo smartphone, poi con la fotocamera compatta.
Dividendo il suo lavoro in capitoli, come un romanzo visivo, ha documentato viaggi, eventi, emozioni, costruendo un archivio personale ricco di storie da raccontare.
A partire dal 2018, Salvatore Manfellotto è ritornato all'analogico, ed è stato un atto d'amore verso la fotografia stessa, un modo per riscoprire la bellezza della lentezza e la magia della pellicola.
Parallelamente alla reflex digitale, ha portato avanti le due tecniche in contemporanea, facendosi ispirare rispettivamente dai vari luoghi e dalle varie situazioni per studiare la tecnologia più adatta.
Ha inoltre rispolverato vecchie tecnologie tornate poi successivamente in voga, come le macchine fotografiche originali Polaroid.
Oggi, Salvatore Manfellotto è un fotografo eclettico, capace di passare dalla ritrattistica alla fotografia di reportage, dalla moda al paesaggio, sempre alla ricerca di nuove sfide e di nuove emozioni da condividere attraverso le sue immagini, alternando stili, tecniche e tecnologie diverse per trasmettere emozioni sempre nuove e immergere lo spettatore in ciò che guarda - e scatta - con i suoi occhi.